Guarire con il Metodo Gerson

Guarire con il Metodo GersonAnni fa proposi in un articolo il clistere di caffè come un valido aiuto per liberare il fegato dalle tossine. Nel 1997 negli USA me ne parlò Karen una ragazza che lavorava al “Chuck Health Store”, un negozio di prodotti biologici dalle parti di Tampa. Nel negozio c’era uno scaffale con molti libri dei famosi naturopati americani e fra questi un piccolo volumetto spiralato di una decina di pagine intitolato “The Coffee Enema”, (il clistere di caffè) e mi propose di acquistarlo dicendomi che era davvero eccezionale.
La mia prima reazione non fu diversa da quella di molti lettori del mio articolo che mi scrissero email con espressioni goliardiche. Infatti mi faceva ridere l’idea di prendere il caffè per una via diversa invece che berlo, e continuavo a chiederle se era sicura, non riuscendo a trattenermi dal ridere, se avevo letto giusto, se magari avevo qualche definizione dei termini della lingua inglese che non conoscevo. La mente umana tende a burlarsi di ciò che non conosce e che appare strano, e io davvero non avevo mai sentito parlare dei clisteri di caffè e mi pareva davvero strano prenderlo per altra via e non riuscivo a fermare la mia risata stupida.

Quando finalmente le mie risate si scaricarono feci un profondo respiro e fui in grado di ascoltare con interesse quello che mi diceva Karen. Acquistai il volumetto e iniziai a fare i clisteri di caffè in diverse occasioni quando necessario con immediato sollievo. Appresi che il clistere di caffè faceva parte della Terapia Gerson insieme ai succhi di frutta e verdura.

Nel marzo del 2010 partecipai come relatore a un convegno nazionale per proporre una visuale alternativa dell’alimentazione e della salute e ebbi il piacere di conoscere Margaret Straus, la nipote del Dott. Gerson, che tuttora porta avanti quanto suo nonno ha iniziato nel curare i malati di cancro.
Fra le altre cose mi spiegò che i malati di cancro e tumore hanno spesso dei forti dolori e il clistere di caffè induce il fegato a rilasciare le tossine che vengono poi espulse dando a loro molto sollievo mentre continuano la cura con i succhi vegetali.

Margaret mi diede una copia del libro “Guarire con il Metodo Gerson” di cui quello che segue è un estratto. Il  principio che il corpo cura sé stesso coincide con quanto espresso da Arnold Ehret nei suoi libri sul Sistema di Guarigione della Dieta Senza Muco.

Per il profano, i clisteri di caffè sono la parte più sorprendente e sconcertante della Terapia Gerson. I critici si divertono ad attaccarla e ridicolizzarla, senza nemmeno cercare di capirne lo scopo e la funzione. Eppure, senza questo semplice metodo di disintossicazione, la Terapia Gerson non funzionerebbe. Spieghiamo perché, prima di analizzarlo nei dettagli.

Quando un paziente viene sottoposto alla terapia completa, l’effetto combinato di alimenti, succhi e medicine fa sì che il sistema immunitario aggredisca e uccida il tessuto tumorale, oltre a eliminare le tossine accumulate nei tessuti corporei. Questa vasta operazione di pulizia comporta il rischio di sovraffaticamento e avvelenamento del fegato, il principale organo di disintossicazione che, nel malato di cancro, è inevitabilmente già compromesso e debilitato. Ecco perché circa settant’anni fa il dottor Gerson incluse nel suo programma i clisteri di caffè. Egli aveva compreso che, senza questa ulteriore disintossicazione, si sarebbe andati incontro al coma epatico, con gravi ripercussioni sulla salute del paziente, che sarebbe anche potuto morire. Nel presente capitolo, spiegheremo in che modo i clisteri di caffè neutralizzano questo rischio.

Da un punto di vista generale, qualsiasi tipo di clistere introduce una sostanza nel retto per svuotare le viscere o somministrare nutrienti o farmaci. Si tratta di un’antichissima procedura medica. Ippocrate, il greco “padre della medicina moderna”, prescriveva 2.600 anni fa clisteri di acqua per la cura di numerose malattie. In India, i clisteri erano raccomandati per la pulizia interna da Patanjali, autore del primo testo scritto sullo yoga, intorno al 200 a.C. Secondo la tradizione, l’ibis (un uccello sacro dell’antico Egitto, associato alla saggezza), si autosomministrava un clistere con il lungo becco ricurvo. In un’epoca più vicina alla nostra, pare che una dama della corte del re Luigi XIV di Francia si fosse somministrata un clistere sotto le sue voluminose gonne, mentre “Le Malade Imaginaire” (ovvero il protagonista dell’omonima commedia di Molière) si praticava un clistere sulla scena. È solo in tempi recenti, e soprattutto nei paesi anglofoni, che questo metodo di pulizia semplice e sicuro è caduto in disuso.

L’uso di clisteri di caffè cominciò in Germania, alla fine della Prima guerra mondiale (1914-1918). Il Paese era sottoposto a embargo dagli Alleati e molti beni di prima necessità – tra cui la morfina – scarseggiavano. Tuttavia, agli ospedali militari continuavano ad arrivare treni carichi di soldati feriti che avevano bisogno di operazioni chirurgiche. La morfina a disposizione dei medici bastava appena per la durata dell’intervento; per i dolori post-operatori, non ce n’era alcuna. Tutto ciò che si poteva fare era usare clisteri di acqua.

Benché, a causa dell’embargo, il caffè scarseggiasse, ce n’era abbastanza per aiutare i chirurghi a restare svegli durante i lunghi turni di lavoro. Le infermiere, non
sapendo come alleviare le sofferenze dei pazienti, cominciarono per disperazione ad aggiungere avanzi di caffè ai sacchetti dei clisteri. Pensavano che, siccome il caffè aiutava i chirurghi (che lo bevevano), sarebbe stato utile anche ai soldati (che non lo bevevano). E in effetti i soldati dicevano di sentirsi meglio.

Questa scoperta accidentale attirò l’attenzione di due ricercatori medici – i professori Meyer e Huebner dell’Università di Goettingen in Germania – che cominciarono a testare gli effetti della caffeina somministrata per via rettale nei topi. Scoprirono che essa, attraverso le vene emorroidali e il sistema portale, arrivava al fegato e apriva i dotti biliari, permettendo al fegato di espellere le tossine accumulate. Questa osservazione fu confermata settant’anni dopo, nel 1990, dal dottor Peter Lechner, chirurgo oncologo all’Ospedale distrettuale di Graz, in Austria, il quale per sei anni aveva effettuato test controllati su malati di cancro che seguivano una versione leggermente modificata della Terapia Gerson. Nella relazione, egli cita risultati indipendenti di laboratorio che identificano le due componenti del caffè che disintossicano il fegato (si veda il capitolo 8, “Perché la Terapia Gerson funziona?”).

Il dottor Gerson si accorse dei benefici prodotti dai clisteri quando la sua Terapia era ancora in fase di sviluppo: da allora essi sono una chiave di volta del suo approccio. È importante capire che, mentre il paziente trattiene il clistere di caffè nel colon per i 12-15 minuti consigliati, tutto il sangue del corpo attraversa il fegato ogni tre minuti (ovvero, quattro o cinque volte in tutto), trasportando i veleni raccolti dai tessuti. Tali veleni vengono quindi rilasciati attraverso i dotti biliari, grazie alla stimolazione della caffeina.
Tuttavia, prima di lasciare il corpo, queste tossine devono ancora percorrere l’intestino tenue (circa 800 cm) e il colon (120-150 cm), per uscire infine dal retto e l’ano. Naturalmente, durante questo lungo viaggio, una piccola quantità delle tossine rilasciate viene riassorbita nel sistema e può causare fastidi al paziente, soprattutto nelle prime fasi della terapia, quando la disintossicazione è appena cominciata. Questo è il motivo per cui, all’inizio, si praticano cinque o più clisteri al giorno per mantenere il processo depurativo, e per cui anche il trattamento all’olio di ricino, dagli effetti più rapidi, fa parte del programma per il paziente medio (si veda il paragrafo “La cura con olio di ricino”).

Avviso importante: l’idrocolonterapia è diventata di moda grazie ad alcuni personaggi famosi, ma i pazienti Gerson non la devono praticare. Il dottor Gerson è stato nolto chiaro in proposito e noi non possiamo che ripeterne le conclusioni, sull’idrocolonterapia quasi cinque litri di acqua vengono immessi a forza in tutto l’intestino crasso, sotto una pressione che può facilmente distenderlo. Quando l’acqua viene evacuata, porta con sé fluidi, enzimi, minerali e altri minerali del colon, oltre ai batteri amici che sono fondamentali per una buona digestione. Ciò può aumentare il rischio di squilibri minerali. D’altra parte, l’idrocolonterapia non ha lo esso scopo dei clisteri di caffè, ovvero l’apertura dei dotti biliari, che aiuta il fegato a rilasciare le tossine e depurarsi. Non bisogna mai commettere l’errore di pensare che l’idrocolonterapia sia equivalente ai clisteri di caffè.

Ci sono 9 pagine su questo argomento, fra altre 350 pagine piene di una quantità incredibili di dati, una parte dei quali sui succhi di frutta e verdura freschi, che non basta che siano semplicemente centrifugati ma ottenuti con i più moderni estrattori che ora possono fare dei succhi di frutta e verdura pieni di enzimi e alimenti nutritivi, a prezzi accessibili a tutti, quando prima occorrevano anche migliaia di euro per l’acquisto di un estrattore di qualità

Il libro lo trovi qui

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Categorie: Salute

Di Luciano

In questo settore del tempo la mia identità è Luciano Gianazza