Credevo fosse vero, purtroppo era un sogno

folla a montecitorio

Questa notte ho fatto un sogno, uno di quei sogni che a volte sono così vividi che al risveglio ti è difficile capire all’istante quale delle due vite, quella da desto e quella del sogno appartenga alla realtà. (Senza entrare nel vivo sul tema di cosa sia il sogno, e che tutto sia in verità un sogno).

Il sogno è stato molto bello come i cosiddetti film d’azione hollywoodiani —per quanto discutibili per l’intento subliminale di iniettare violenza nella mente di chi guarda — mai un momento di pausa, una serie di eventi in rapida successione con scariche di adrenalina supplementari da portarti all’euforia.

Mi trovo in Piazza Montecitorio c’è un rumore assordante di gente che urla, qualcuno ha persino la bomboletta con la tromba di plastica come se andasse allo stadio, è estate, quasi tutti in T-shirt, qualcuno a dorso nudo, una folla enorme che avanza verso il palazzo.

Sono vicino all’obelisco di fronte al palazzo, un gruppo di persone parlano di andare a prendere delle corde, per tirare giù l’obelisco, c’è proprio una ferramenta lì vicino, uno propone di andare in giù verso la bocca della verità, un altro dice che è più vicina quella sul Lungotevere. Qualcuno chiede: “Perché volete tirare giù l’obelisco?” e dopo un po’ arriva la risposta: “Non lo so, credo che in situazioni come questa bisogna buttar giù qualcosa, come le statue dei dittatori… e le corde potrebbero servire comunque…” e scoppiamo tutti a ridere.

La piazza è strapiena di gente che avanza verso il portone, tutti vogliono entrare, non ci sono forze di polizia, c’è una camionetta grigioverde rovesciata più a destra, esplodono delle risate quando qualcuno scherzosamente grida di mantenere il distanziamento sociale, seguite dal miglior turpiloquio romanesco.

Nell’aria volano domande e risposte che passano di bocca in bocca, le sedi televisive sono state occupate, stanno mandando comunicati di venire tutti qui, qualcuno grida sono milioni, sono milioni, arrivano da tutta l’Italia!

Dal cortile interno di Montecitorio si alza in verticale un elicottero e prima che possa prendere una direzione orizzontale un missile lo colpisce e lo abbatte.

Sento una voce che grida da un megafono: “Non fate decollare elicotteri, verrete abbattuti!” Qualcuno in piedi sopra il tetto di una Jeep dice che bisogna andare a vedere i rottami dell’elicottero e capire chi c’era su, chi vuole andare? Seguono molti Io! Io! Io! Da parte di volontari.

Capisco che ci deve essere qualche tipo di organizzazione, voglio saperne di più, guardo il tipo con in mano il megafono, lo riconosco, è mio nonno quando era giovane, che è morto da più di cinquant’anni. Mi viene in mente lui perché durante la sua gioventù, alla fine dell’800, era stato un avventuriero che girò per tutto il sud America, e sono sempre stato affascinato dalle sue avventure che mi raccontava, spesso alquanto romanzate.

Quando seguiva i telegiornali ridacchiava sempre. “Nonno perché ridi?” “Perché sono tutti furbi quelli dentro quella scatola…” — mi rispondeva indicando il televisore — “… mentre quelli che sono da questa parte a guardare la televisione sono stupidi perché credono a quello che dicono. E non lo sanno.” Ero contrariato perché guardavo la televisione dopo aver fatto i compiti di scuola e una volta gli chiesi se anch’io ero stupido secondo lui. “A l’è inscì, se ti ghe credi a chi li, alura sì che te se stupid, ricordas!”

Mi ritrovo ai bordi del lato sinistro della piazza, ci sono due giovani robusti che hanno ciascuno sulla spalla destra un lanciarazzi di cui vengo a sapere che sono stati comprati in un e-commerce nel deepweb, e pagati in bitcoin.

sogno al tempo del covid

Sono un paio di lanciarazzi FIM 92 Stinger di quelli usati in Afghanistan nel 1986 per abbattere gli elicotteri sovietici MI-24. A quanto pare non tutti sono arrivati là e qualcuno ne ha fatto scorta in uno scantinato da qualche parte nel mondo.

Mi dicono che sono arrivati tramite la logistica di Amazon, sulle casse c’era scritto “Pompa idraulica per uso agricolo”. E non ci sono state spese di spedizione perché chi le ha comprate aveva un account Prime.

Mi trovo ora sulle rive del Tevere. Ci deve essere stata una gran fuga di parlamentari da ogni parte, chi ha provato dal cielo, mi hanno detto che erano pezzi grossi, non si sa ancora di preciso chi sono, ma gli è andata male. Altri dai sotterranei, cercando vie lungo corridoi oscuri, ma da quanto ho capito tutte le uscite anche quelle più insolite sono presidiate.

E anche alle uscite delle vecchie fogne che arrivano dal palazzo e riversavano le acque nel Tevere c’è gente che aspetta i fuggiaschi e li accoglie prendendoli con garbo per il braccio e mettendoli a lato in fila ad altri già usciti.

Vengono perquisiti, chiavette per memorizzare i dati, computer, cellulari, portafogli, valigette, vengono tutti presi e raccolti con ordine. Qualcuno con in mano un rotolo di etichette ne mette una su ogni pezzo per poi scrivere il nome di chi lo aveva con sé.

Ecco uscire un altro parlamentare, non ha più la giacca, ha il collo della camicia sbottonato, la cravatta sciolta gli pende ancora da un lato, è terrorizzato, a un certo punto veniamo offesi dal terribile fetore delle scariche diarroiche tipica di chi se l’è fatta nei pantaloni, e ci chiede con una vocina piagnucolante, non certo quella prepotente che caratterizzava i suoi vuoti discorsi politici alla Camera: “Non fatemi male, non fatemi male…”

Lo rassicuriamo di stare tranquillo, che non gli faremo fare la fine di Ceaușescu, che avrà un processo regolare dove potrà difendersi. La persona alla sua destra cerca di aprirgli il pugno che tiene ostinatamente serrato, pensiamo che tenga qualcosa di prezioso o segreto da difendere fino all’ultimo, alla fine ci riusciamo, gli togliamo un rotolo ormai stropicciato, siamo curiosissimi di sapere cosa diavolo è così importante.

Sono i buoni pasto del ristorante della Camera dei Deputati! E’ incredibile cosa uno in preda alla paura pensi che possa servire alla propria sopravvivenza in certe circostanze!

Mi giunge all’orecchio un rumore fastidioso, qualcosa che sbatte, poi un fragoroso rumore di vetri rotti.

Apro gli occhi e mi sveglio. Mi avvicino alla finestra, due uomini in tuta arancione fiammante e la museruola azzurra stanno trafficando con la campana del vetro, è il giorno e l’ora della raccolta della spazzatura.

Sono contrariato, nel sogno nonostante sembrasse che fossi nel mezzo di una rivoluzione, l’atmosfera era leggera, si respirava aria quasi di festa. Ora nella “realtà” kafkiana e surreale in cui mi ritrovo l’atmosfera è pesante, mi arrivano le immagini di persone che girano con la museruola e i guanti, le immagini delle locandine fuori dell’edicola con le solite frasi nei titoli cubitali come “sarà concesso”, “sarà possibile”, “si potrà accedere”, “potranno aprire”

Ah, che bello, possiamo sognare quello che vogliamo! O siamo già arrivati alla fase in cui puoi essere punito per fare sogni proibiti?

Di Luciano

In questo settore del tempo la mia identità è Luciano Gianazza