camaleonte

Perché l’hai fatto?

È una domanda che poniamo quando riteniamo che qualcuno ci abbia fatto qualcosa che accende in noi sentimenti negativi di un tipo o di un altro, dal dispiacere al disagio, alla rabbia, al risentimento, e altro.

Non sono le azioni degli altri, anche nei nostri confronti, a far emergere sentimenti, ma è la nostra decisione di considerare tale azione “buona” o “cattiva”.

Ogni cosa in sé è neutra. L’acqua è solo acqua, e può suscitare piacere quando ci tuffiamo in un fiume durante la calura estiva per rinfrescarci, ma anche paura in chi ha rischiato di affogare. I sentimenti che proviamo dipendono dal nostro atteggiamento.

Una persona motivata dal senso di collaborazione potrebbe ricordarti di risciacquare la tazza che hai usato per berti una tisana durante un ritrovo, ma potresti aver deciso di non farlo, considerato che hai pagato per i pasti inclusi, e ritenere che questo includa il servizio.

Potresti quindi considerarlo un invito a partecipare allo spirito comunitario e accettare l’osservazione con gratitudine o esserne infastidito prendendola come un’azione di controllo indesiderata, indipendentemente dalle motivazioni che hanno spinto la persona a fare tale osservazione, che sia desiderio che tu condivida un senso di connessione o che si tratti del suo desiderio di controllo ossessivo.

Potresti scoprire che una persona ti ha mentito. Di solito la reazione immediata è quella di chiedere: “Perché mi hai mentito?”

Perché?

Se un camaleonte potesse parlare, e gli chiedessi perché cambia colore, ti guarderebbe stranito e ti risponderebbe: “Perché è nella mia natura cambiare colore secondo l’ambiente in cui mi trovo per evitare di essere troppo vistoso e diventare facile preda.”
“L’altra ragione è per mostrare la meravigliosa armonia di colori che posseggo per trovarmi una femmina.”
E sarebbero le risposte giuste, le uniche, ed entrambe hanno a che fare con la sopravvivenza della specie.

Gli esseri umani sono differenti, più complicati, hanno l’ego, una struttura mentale che si sovrappone a quella rudimentale di stimolo risposta che appartiene al corpo fisico, e se chiedessi a una persona perché ti ha mentito, qualunque risposta che ti possa dare sarebbe solo una giustificazione dell’azione. Fornire giustificazioni è quasi sempre un atto inconsapevole.

Le liti sono situazioni dove è più chiaramente visibile questo meccanismo. Una discussione può degenerare al punto tale che uno degli interessati sferri un pugno all’altro. Se gli venisse chiesto: “Perché mi hai dato un pugno?” avrebbe inizio il carosello delle giustificazioni: “Perché mi hai insultato, tu perché l’hai fatto? “Perché tu prima hai detto….”. Tutte giustificazioni, ma non sono il vero motivo dell’azione.

Gli animali non giustificano e non riflettono sulle loro azioni, agiscono in base agli stimoli dell’ambiente e alle necessità del proprio corpo. Le lacrime del coccodrillo non sono l’effetto di un pentimento per aver ucciso la preda divorata, fanno parte della digestione mentre riposa rilassato dopo il buon pasto.

Gli esseri umani reagiscono a livello mentale con lo stesso meccanismo stimolo risposta, non più per la sopravvivenza del corpo fisico come facevano i primi uomini comparsi sulla Terra, ma per proteggere il proprio ego.

E dato che molte cose che facciamo e diciamo sono oggi irrazionali, dobbiamo poi trovare una giustificazione, per noi stessi e per gli altri, che è solo frutto della nostra immaginazione.

L’ego è anche l’immagine che ci facciamo di noi stessi, e non corrisponde a ciò che manifestiamo realmente. E’ una valutazione di noi stessi per eccesso. Siamo sinceri, onesti, buoni, ecc., e quando commettiamo azioni che non corrispondono a come dovrebbe agire la nostra immagine perfetta le nascondiamo mentendo, o, quando non ci è possibile perché esposte ed evidenti, le giustifichiamo.

Man mano che proseguiamo lungo il personale cammino spirituale possiamo vedere questi meccanismi in noi stessi, e più coscienti diventiamo della nostra essenza, con conseguente riduzione dell’ego e dell’importanza al quale diamo, commettiamo sempre meno azioni che inducono gli altri a chiederci: “Perché l’hai fatto?”

Come corollario ci rendiamo conto dell’inutilità del chiedere perché? a seguito di un’azione fisica o verbale nei nostri confronti che potrebbe essere sgradita, conoscendone già la ragione: la persona ha ancora la necessità di difendere ciò che erroneamente ritiene di essere, il proprio ego.

Distruggere il proprio ego non è funzionale, perché è necessario per poter comunicare, ridurlo ai minimi termini e non dargli eccessiva importanza è invece utile.

La vita diventa più piacevole smettendo di chiedere perché, limitandosi semplicemente a prendere atto che la persona ha fatto qualcosa, il perché lo sai già. Non hai bisogno di fare una collezione di giustificazioni.

Non significa che uno debba starsene lì a prendere un pugno in faccia, il tuo corpo è importante e devi difenderlo quando necessario, ma con il presupposto di non mantenere risentimento o qualsiasi altro sentimento negativo verso l’altro.

Per le azioni verbali è ancora più facile, non è necessario controbatterle, non c’è nulla lì che possa essere offeso o danneggiato, se sai chi sei veramente.

Osserva il camaleonte che cambia colore e non chiedergli perché.

Torna in alto